Il 31 maggio, alle ore 18:00, presso la Biblioteca Universitaria di Sassari, in Piazza Fiume, si terrà la presentazione del libro “I Clemente, le persone, le aziende (1870-1951)” di Alberto M. Pintus.
Il volume, diversamente da quanto fatto finora, mette in secondo piano il lato artistico – più volte dibattuto e ormai abbastanza noto – a favore di quello squisitamente imprenditoriale, andando a trattare della nascita ed evoluzione delle imprese dei Clemente. Imprese, al plurale, perché una delle cose che il libro mette perla prima volta in risalto e che non c’è stata una ditta Fratelli Clemente, ma furono ben cinque diverse attività a fregiarsi di questo nome. lniziando, prima del 1870, dalla “Falegnameria Bernardo Clemente”, alla Frumentaria, con la quale il capostipite iniziò a lavorare nella nostra città. Questo conferma che Bernardo era venuto qui dopo aver già appreso l’arte dell’ebanisteria, inserendo poi i figli (prima Domenico, Pasquale, Enrico e Giovanni, più tardi Gavino) nella sua attività.
Bernardo, figlio di un Pasquale a sua volta figlio di un altro Bernardo (in nomi in famiglia si susseguono, creando un po’ di confusione) doveva essere già avanti negli anni (morirà fra il 1884 e il 1888) passò presto lo scettro ai primi quattro (“Clemente Giovanni e Pasquale fratelli di Bernardo”), divenuta “Clemente Pasquale e Domenico fratelli fu Bernardo” all’atto della inaugurazione (1888) dei nuovi locali soni con la ristrutturazione dell’ex carcere di San Leonardo, da loro acquistato per 15.550 lire nel 1884 ad un’asta del Demanio.
Questa fase della loro attività durerà fino alla fine degli anni Venti, con la messa in liquidazione – a seguito di una lite ereditaria – nel 1925 e resa definitiva nel 1929, anno in cui tutti i macchinari e gli stabili furono venduti agli eredi di Enrico Clemente che fondarono la “Fratelli Clemente fu Enrico”. Da questo momento in poi il mobilificio inizierà un percorso di progressiva discesa che terminerà nel 1951 con il fallimento della “Società anonima cooperativa Enrico Clemente di Bernardo” nella quale, in realtà, i Clemente non avevano più alcun ruolo, non essendo nemmeno fra i soci fondatori. ll solo Enrico fu Enrico, detto “Enrichetto” aveva avuto un posto come direttore tecnico, ma da dipendente. Anche lo stabilimento era nel frattempo passato nelle mani prima di Salvatore Azzena-Mossa (Stabilimento di Santa Maria) e poi di Francesco Bajardo (Tipografia Chiarella).
Una dei lavori più prestigiosi dei Clemente fu quello della fornitura degli arredi del palazzo Giordano-Apostoli di piazza d’Italia, credi sui quali si è fatta sempre molta confusione fra originali e successive realizzazioni richieste dal Banco di Napoli, che lo acquistò nel 1921. Confusione che ora sarà definitivamente chiarita perché nel libro è presente l’esatto elenco dei mobili Clemente originali ceduti dal barone Giordano, grazie all’elenco presente nell`atti di cessione del palazzo e l`esatto elenco dei nuovi mobili (alcuni dei quali espressamente richiesti uguali agli originali) realizzati per il Banco di Napoli, grazie alla lettera impegnativa sottoscritta dai Clemente quando vinsero la gara d’appalto bandita dalla banca.
Nel libro, inoltre, si chiarisce anche il mistero dei lavori effettuati dal Clemente per il palazzo della Provincia, sempre in piazza d’Italia, fra i quali non vi erano gli infissi – esterni ed interni – che in effetti furono realizzati da un altro ebanista sassarese, tra l’altro con un curioso risvolto burocratico che nel libro viene ben raccontato.
Oltre ai Clemente ebanisti, la famiglia annovero altre due importanti fratelli, dei quali qui si traccia il profilo: Fernando Clemente, architetto, che a Sassari ha realizzato i due grattacieli, la Facoltà di Agraria, la chiesa del Latte Dolce e il “palazzo Clemente” delle cliniche universitarie ma la sua attività di estese anche al di fuori della Sardegna; e Giovanni Clemente, detto Giovannino, architetto, decoratore e grafico che, andato via da Sassari negli anni Dieci, iniziò a lavorare presso il prestigioso studio Musso di Torino, proseguendo poi l’attività in proprio praticamente fino alla propria morte. Tra i suoi lavori, la progettazione per la tomba degli Olivetti e lo studio della etichetta
del vermouth Gancia.
Una storia, insomma, finalmente completa sull’opera di questa famiglia-impresa che spazza via molte dei luoghi comuni e leggende che finora ci avevano raccontato una loro (parziale) storia.